L’impatto sul paesaggio è pesante, vanno chiuse. Decisione della Regione Toscana. Parliamo delle famose cave di marmo di Massa Carrara, da cui Michelangelo sceglieva di persona i blocchi per i suoi capolavori. Qui, da oltre duemila anni, si estrae il marmo che ci ha resi famosi in tutto il mondo. Eppure siamo nel Parco delle Alpi Apuane, 22mila ettari di patrimonio Unesco dal 2011. Un parco istituito dal ’97, che non ha mai avuto un piano per le proprietà estrattive, le più impattanti dal punto di vista del territorio.
Il rischio idrogeologico, prodotto dalle escavazioni, è molto alto: si distruggono le vette dei crinali, si inquinano le sorgenti ed il pericolo frane e alluvioni è reale. Ma chiudere l’80 per cento delle 45 cave di marmo attive, vuol dire anche levare lavoro a circa 1500 persone: un numero che aumenta, se si considera anche la filiera annessa. Famiglie che restano per strada, da una parte, tutela del paesaggio e dell’ambiente, dall’altra.
Il Presidente del Parco, Alberto Putamorsi, vorrebbe trovare un compromesso tra tutela del paesaggio ed occupazione, pur riconoscendo che almeno 4 cave hanno un impatto devastante sul paesaggio e andrebbero chiuse. Le associazioni ambientaliste rilevano la contraddizione tra siti protetti e cave inquinanti e ne vorrebbero la chiusura totale e definitiva. Italia Nostra assicura che non ci sono più di 1 o 2 operai per cava e che i marmi si lavorano altrove. Insieme, le associazioni ambientaliste denunciano e contestano l’acquisizione delle cave per eredità, ma anche la loro vendita e il subappalto, malgrado la sentenza 488/95 della Corte Costituzionale abbia stabilito concessioni temporanee ed onerose e abbia vietato le vendite parassitarie.
Alcune di queste cave sono spettacolari. Paesaggi lunari che potrebbero diventare teatri o luoghi di attrazione turistica: un patrimonio tutto italiano o un’insidia per l’ambiente e un privilegio per pochi?