Chiara si stringe nel suo abito animalier, pronta ad essere intervistata vicino all’amica Mara. Ha appena postato su Instagram pose sexy, autoironiche, di chi ha una leggerezza apparente, costruita tassello dopo tassello. Consapevolezza di sé che si è trasformata in sicurezza, autostima, ostinata determinazione.

Chiara è grassa. E si arrabbia se non si utilizza questo aggettivo. Niente pseudonimi, la realtà non si edulcora. Tonda, curvy, morbida… no, grazie. Grassa. Perché magra, alta, bassa, sì e grassa no?

Già. Perché?

Rivendicare il diritto di essere grasse e di venire chiamate così è un atto rivoluzionario di grande forza. Andare fieri di non aderire ad uno standard fisico, di non rappresentare uno stereotipo, di non conformarsi a modelli estetici imperanti. Dire ad una persona che è grassa è spesso considerato un insulto. Perché una donna grassa non appare leggiadra, sembra tutt’altro che delicata… forse è per questo che tante persone (e purtroppo tante donne) criticano ed insultano le donne grasse?

Lo confesso: ho sofferto anche io di grassofobia. Ricordo il mio disagio durante un viaggio in aereo vicino ad una donna obesa. Non entrava nel sedile centrale e non faceva altro che mangiare, sbriciolando ovunque. Io, che solitamente scelgo il posto vicino al corridoio per respirare, mi addormento qualche minuto prima del decollo per esorcizzare quel momento in cui l’aereo si distacca dalla terraferma per sospendersi nell’aria. Quel piccolo trauma lo affronto da vent’anni così: dormendo. Casco in un sonno profondo che dura fino a che hostess o steward non passano per lo snack. La signora obesa si alza poco prima del mio momento topico, dicendomi che deve andare in bagno. Educatamente mi alzo, la lascio passare, la aspetto, mi alzo di nuovo, aspetto che lei e le sue briciole si accomodino, mi siedo di nuovo. Poco dopo il decollo sono già abbracciata a Morfeo, quando la signora obesa mi bussa su una spalla dicendomi che deve alzarsi ancora. Sbuffo, la lascio passare alzandomi a mia volta. Torna. Dopo cinque minuti mi sveglia ancora, chiedendomi di fare a cambio di posto così non mi avrebbe più disturbato. Prima fingo di dormire, poi – dopo varie insistenze – dico di no: quel posto lo avevo prenotato con largo anticipo e la prossima volta che prenotasse anche lei un posto lato corridoio. La signora impazzisce, preme il tasto per chiamare gli assistenti, inizia ad urlare prendendomi a pugni su una spalla. Gli assistenti di volo le cambiano posto, lei mi insulta in inglese. Io, quando si alza, penso tra me e me: quanti disagi le persone obese!

Finalmente dormo.

La signora era decisamente problematica, ma quanti pregiudizi ci sono stati nel mio fugace pensiero? Perché attribuire necessariamente lo squilibrio mentale della passeggera al peso?

Grassofobia, pregiudizio, discriminazione si trasformano spesso in bullismo, in critica feroce, in cattiveria manifesta. Quello che più mi colpisce è non solo che siano spesso le donne a mettere in pratica certe modalità critiche, ma che spesso queste donne siano mamme, quindi educatrici. Quindi persone con una grande responsabilità verso la costruzione di un mondo migliore, accogliente, tollerante, sano.

E’ sempre Chiara a fornirmi una chiave di lettura che mi fa riflettere:  “Le persone sono sempre a dieta, alla ricerca del rimedio di bellezza per rientrare in uno standard ed essere persone valide. Una persona grassa, che si accetta così com’è, mette in discussione questi sforzi…”. Come a dire: io fatico tanto per rientrare negli standard, vivo a dieta, mi distruggo di palestra per essere tonica, rinuncio ad aperitivi e fritti… eppure non mi piaccio, non mi accetto, non sono in pace con me stessa dietro ad addominali scolpiti e glutei sodi… invece tu, grassona che non sei altro, che diritto hai di essere in pace con te stessa? Tu che non fai i miei stessi sacrifici per conformarti ai canoni estetici proposti, tu che non hai idea di quanto io patisca per entrare nella mia taglia 40?

Già.

Mara e Chiara hanno detto altre due paroline magiche, che non potevano che conquistarmi. Diritti civili. E’ un diritto civile rispettare le persone grasse. E’ un diritto civile non mobbizzarle, non attaccarle, non criticarle. E chi si difende dietro discorsi salutistici, sta solo trovando una via di fuga alla propria intolleranza, incapacità di accettare e probabilmente di vedersi (gli altri ci fanno da specchio, ne avete mai sentito parlare? Quando proviamo tanto fastidio verso qualcuno è spesso perché ci ricorda qualcosa di noi che non vogliamo vedere…). Chi critica si interessa davvero alla salute delle persone grasse? Salute fisica – mi chiedono Chiara e Mara – e  psicologica?  Chi insulta, chi denigra, chi colpisce una persona grassa pensa alla salute mentale di quell’individu0? E’ consapevole che, così facendo, sta creando sofferenza in quella persona?

Chiara e Mara di tutto questo (e molto di più) hanno fatto un manifesto: “Belle di faccia”, letteratura dei corpi grassi. Raccontano in che modo le persone grasse vengono discriminate nella società e insegnano come reagire se si è una persona grassa.  Perché “belle di faccia” è solo apparentemente un complimento… non si può essere belle se si è grasse?

A giudicare da come le due ragazze si muovono, dalla loro sensualità, dal loro cervello seducente… ne deduciamo che sia una sciocchezza… che fermarci un attimo ad ascoltare queste due attiviste della body positivity non possa che insegnarci qualcosa, o forse molto, sul body shaming, il fat shaming… l’essere belle perché ci amiamo così come siamo e come non ci vergogniamo di essere. Alte, basse, magre, grasse, bionde, brune.

 

 

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Isabella Schiavone

Giornalista professionista, scrittrice, istruttrice Mindfulness. Da luglio 2022 vice caporedattrice presso Rai Sport. Dal 2002 a giugno 2022 al Tg1, prima ad Uno Mattina, poi come inviata a Tv7 - Speciali, infine nella redazione Ambiente - Società - Sport come caposervizio.

Appassionata di inchieste sociali, ambientali e di storie di vita. Impegnata nel terzo settore.

Sono laureata in Sociologia a La Sapienza di Roma, specializzata in Giornalismo alla Luiss Guido Carli. Ho frequentato un corso di perfezionamento per inviati in aree di crisi della Fondazione Cutuli, che mi ha portato in Libano e in Kosovo embedded.

Ho iniziato a lavorare presto nelle radio e nelle tv locali, ho scritto per l'Ansaweb, per Redattore Sociale e per il Gruppo L'Espresso, mossa anche dalla passione per la multimedialità e l'online. Ho avuto il primo contratto in Rai al Giornale Radio, ho lavorato nella redazione Esteri del Tg2 e a Rai Educational, quando ero ancora universitaria.

Ho condotto la rubrica Tendenze del Tg1. 

Ho vinto il Premio Luchetta Hrovatin nel 2006, con un'inchiesta sulla droga a Scampia andata in onda a Tv7 - Speciali Tg1. Ho ricevuto nel 2016 il Premio Pentapolis - Giornalisti per la Sostenibilità, in collaborazione con Ispra, Ministero dell'Ambiente, Lumsa e FNSI. A maggio 2017 un mio servizio andato in onda al Tg1, sul riconoscimento delle unioni civili, è stato premiato da Diversity Media Awards, grazie al lavoro dell'Osservatorio di Pavia, come miglior servizio andato in onda sulla diversità. A settembre 2018 ho ricevuto il Premio Responsabilità Sociale Amato Lamberti nella categoria giornalismo. A maggio 2019 un mio servizio sull’autismo è stato candidato ai Diversity Media Awards. Da maggio 2022 sono Ambasciatrice Telefono Rosa per il mio impegno in difesa dei diritti delle donne e a sostegno dei minori. 

Amo e frequento l’Africa, dove ho realizzato due documentari autoprodotti, di cui uno girato con lo smartphone (quando ancora non aveva neanche lo zoom), andati in onda su Rai Uno.

A giugno 2017 è uscito il mio romanzo d'esordio, proposto al Premio Strega 2018, Lunavulcano (Lastaria Edizioni), i cui diritti d'autore sono devoluti in beneficenza in Africa. A settembre 2017 Lunavulcano ha vinto il Premio "Un libro per il cinema", dedicato alla memoria di Paolo Villaggio, organizzato dall'Isola del Cinema di Roma.

A settembre 2020 è uscito Fiori di Mango (Lastaria Edizioni), proposto al Premio Strega 2021.

Ho insegnato "Teoria e tecnica del giornalismo televisivo" all'Università di Tor Vergata e ho ricoperto il ruolo di docente, per i giornalisti, nel processo di digitalizzazione del Tg1.

Sono Istruttrice Mindfulness (o pratica dell'attenzione consapevole) e protocollo Mbsr (Mindfulness Based Stress Reduction) con diploma rilasciato da Sapienza Università di Roma e dal Center for Mindfulness della University of California of San Diego, nell'ambito del Master universitario di II livello "Mindfulness: pratica, clinica e neuroscienze" (110 e lode). Pratico meditazione Vipassana dal 2013 con Neva Papachristou e Corrado Pensa presso l'Ameco di Roma, con esperienze di intensivi e ritiri residenziali. Dal 2019 pratico anche il Tai Chi Chuan stile Yang.  Conduco gruppi di meditazione in presenza e online.